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- Musicoterapia benessere e cura
La musicoterapia può essere utilizzata a vari livelli, quali l’insegnamento, la riabilitazione o la terapia.
Per quanto riguarda la terapia e la riabilitazione, gli ambiti di intervento riguardano preminentemente la neurologia e la psichiatria:
autismo infantile
ritardo mentale
disabilità motorie
morbo di Alzheimer ed altre demenze
psicosi
disturbi dell’umore
disturbi somatoformi (in particolare sindromi da dolore cronico)
disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa)
malattia di Parkinson
aumentare le proprie facolta’ mentali
migliorare le prestazioni
migliorare nello studio
indurre il sonno
relax psicofisicobenessere personaleLa musicoterapia è una modalità di approccio alla persona che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non verbale, per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e para fisiologiche. In questo caso si intende usare la musicoterapia con un approccio volto a stimolare gli individui e conoscersi e prendere contatto con se stessi, una forma di meditazione. Allo stesso modo l’ascolto di queste frequenze sonore studiate appositamente in fase sperimentale possono essere applicate allo studio, nei disturbi del sonno, per amplificare le proprie facolta’, per il relax e la meditazione, per una meditazione profonda e per rilassare i propri muscoli ed il proprio corpo oltre che la mente, inseriremo di tanto in tanto alcune frequenze ed alcuni brani sperimentali da provare ed anche alcuni articoli sul benessere e salute, introdurremo molto probabilmente alcuni strumenti innovativi e la proiezione di video e parole per la cura ed il benessere personale non di carattere medico ma bensi’ basato sull’ascolto e le sensazioni durante e dopo l’ascolto.
La World Federation of Music Therapy (Federazione Mondiale di Musicoterapia) ha dato nel 1996 la seguente definizione[senza fonte]: “La musicoterapia è l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) da parte di un musicoterapeuta qualificato, con un utente o un gruppo, in un processo atto a facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive. La musicoterapia mira a sviluppare le funzioni potenziali e/o residue dell’individuo in modo tale che questi possa meglio realizzare l’integrazione intra- e interpersonale e consequenzialmente possa migliorare la qualità della vita grazie a un processo preventivo, riabilitativo o terapeutico.” La definizione è stata modificata a seguito dei lavori del 13º congresso mondiale tenutosi a Seul nel 2011 “La Musicoterapia è l’uso professionale della musica e dei suoi elementi come intervento in ambienti medici, educativi e sociali con individui, gruppi, famiglie o comunità che cercano di ottimizzare la loro qualità di vita e migliorare la salute e il benessere fisico, sociale, comunicativo, emotivo, intellettuale e spirituale. Ricerca, pratica, educazione e formazione clinica in musicoterapia sono basati su standard professionali in relazione ai contesti culturali, sociali e politici.”
La WFMT nel 1999 (nel congresso mondiale di Washington) ha validato la documentata scientificità di cinque modelli clinici:
Il modello BENENZON, che propone una concezione della musicoterapia come “disciplina che utilizza il suono e il movimento per provocare effetti regressivi ”. Questa premessa rivela che alla base della concezione della musicoterapia di Rolando Omar Benenzon (musicista e psicologo argentino) vi sono presupposti teorici di tipo psicoanalitico. Benenzon considera la musicoterapia una disciplina paramedica, che trova le sue basi scientifiche nell’ambito clinico e terapeutico. Il suo metodo è incentrato sul concetto di ISO (Identità Sonora), il quale racchiude tutte le conoscenze, le competenze e le origini sonore che caratterizzano ogni singolo individuo, differenziandolo da tutti gli altri sin dalla nascita, per via delle diverse informazioni acquisite attraverso l’ascolto di melodie e suoni durante i mesi di gravidanza. Basandosi sulla teoria topografica di Freud, Benenzon distingue diverse tipologie di ISO e teorizza che nell’inconscio dell’essere umano sono presenti un insieme di energie che successivamente tendono a scaricarsi in ogni parte del cervello. Nella parte inconscia, secondo tale modello, le energie costituiscono due tipologie di ISO: universale e gestaltico. Di seguito, tutte le energie si diffondono nella parte preconscia andando a caratterizzarne delle altre: quella culturale, gruppale e complementare. Secondo Benenzon l’ISO si colloca principalmente nell’inconscio e si incrementa continuamente attraverso i vissuti, poiché ogni stimolo sonoro provoca delle sensazioni che ognuno di noi nel tempo va a depositare nel proprio bagaglio personale ossia l’inconscio stesso. Il principio sostanziale del metodo (ISO) consiste nel rispecchiamento del paziente da parte dell’operatore e nella apertura di un canale di comunicazione di livello regressivo e di natura squisitamente sonora. Il musicoterapeuta dovrà sfruttare i canali di comunicazione aperti precedentemente, dovrà elaborare un’ipotesi sull’ISO del paziente e tentare una integrazione con la produzione sonora proposta dallo stesso.
La Musicoterapia creativa di Paul Nordoff e Clive Robbins, un musicista ed uno psicopedagogista inglesi, che hanno imposto un loro metodo rivolto a bambini affetti da disturbi lievi e gravi di apprendimento (inclusa la sindrome di Down), a pazienti affetti da autismo, a pazienti affetti da disabilità psico-fisiche, a pazienti affetti da disturbi dell’udito. Questo metodo, di marcata matrice educativo-pedagogica, prevede una seduta di gruppo in cui si imparano diversi ritmi per aiutare i movimenti del corpo e la coordinazione. La musica “suonata”è collocata al centro dell’esperienza e le risposte musicali costituiscono il materiale principale per l’analisi e per l’interpretazione.
La Musicoterapia Analiticamente Orientata, che consiste in uno sviluppo di quella che inizialmente era chiamata “Musicoterapia Analitica”. Il modello, elaborato dalla violinista Mary Priestley negli anni ’70, pone le proprie basi nella psicoterapia analitica di stampo junghiano. Il metodo è da lei definito come segue: “Musicoterapia analitica è il nome che è prevalso dall’uso simbolico, orientato analiticamente, di musica improvvisata dal musicoterapeuta e dal paziente”. È utilizzata come mezzo creativo per esplorare la vita interiore del paziente in modo da disporre di una via verso la crescita ed una maggiore auto-conoscenza.
La BMT detta anche Musicoterapia Comportamentale, teorizzata da Clifford Madsen, si è sviluppata particolarmente negli USA ed ancora costituisce negli Stati Uniti il modello principale di intervento musicoterapico. È un metodo che predilige l’uso della musica come rinforzo contingente o come stimolo per aumentare o modificare comportamenti adattivi o eliminare comportamenti distorti. Il Musicoterapeuta Comportamentista utilizza tecniche di sensibilizzazione, desensibilizzazione, condizionamento, rilassamento.
Il metodo GIM, che è stato elaborato da Helen Bonny agli inizi degli anni settanta. Esso utilizza la potenzialità della musica come evocatrice d’immagini e come strumento di esplorazione all’interno della coscienza. Bonny ritiene che la musica possegga la capacità di entrare a fondo nella coscienza per modificare la condizione fisica, emozionale, intellettuale e spirituale. I trattamenti consistono in un’esplorazione di sé centrata sulla musica ed utilizza specifici programmi musicali per stimolare e sostenere l’apertura dinamica di esperienze interiori, offrendo alle persone la possibilità di integrarle.
Oltre ai cinque modelli validati dalla World Federation of Music Therapy, nel corso degli anni ne sono stati sviluppati degli altri che, seppur non siano stati riconosciuti da questa associazione, hanno acquisito un’elevata importanza in ambito musico terapeutico come ad esempio: il modello di Juliette Alvin.- Juliette Alvin, violoncellista diplomata al conservatorio di Parigi, che negli anni ’50-’60 decise di abbandonare la propria professione per dedicarsi a numerosi studi e ricerche riguardanti la sofferenza fisica e psichica dei bambini ricoverati negli ospedali della Gran Bretagna, diventando così una pioniera della musicoterapia. Il modello terapeutico di Juliette Alvin è stato teorizzato sulla base di attente osservazioni comportamentali dei pazienti, con l’utilizzo di un metodo misto poiché basato sull’impiego di tecniche di tipo attivo e recettivo, applicabili soprattutto ai bambini con handicap e alle volte anche ad adulti con difficoltà, per i quali la musica diviene uno degli elementi fondamentali per riuscire a migliorare le proprie condizioni di vita. Questo modello attribuisce alla musica un potere catartico, cioè purificativo, capace di far diminuire la tensione corporea e rilassare il sistema nervoso, portando benefici notevoli nei pazienti. Inoltre, la terapia produce numerosi effetti benefici nello sviluppo dell’individuo, agendo: sulla sfera emotiva, garantendogli un’immediata condizione di gratificazione rispetto al suo stato attuale; sull’intelletto, andando a rafforzare la memoria, l’attenzione e incrementando il controllo della propria personalità; nella sfera sociale, andando a migliorare l’interazione e la comunicazione con altri individui e con il gruppo.
La Alvin, concentrandosi maggiormente su soggetti con ritardo mentale, osserva come la musica interviene attivamente su di essi, riuscendo a stimolare nella persona processi di apprendimento, di memorizzazione, di movimento corporeo e soprattutto relazionali. Questo tipo di approccio è orientato verso applicazioni con il singolo ma anche con il gruppo, nella quale si va ad utilizzare una tecnica che prevede tre fasi centrali. Relazione sé/oggetto: fase in cui il paziente sceglie gli strumenti a lui grati nella massima libertà, utilizzandoli a proprio piacimento. Questo approccio tende a sviluppare la consapevolezza senso-motoria, la percezione e la sensibilità musicale.
Relazione sé/terapeuta: fase nella quale il paziente cerca di instaurare una relazione con il terapeuta attraverso produzioni sonore e al dialogo d’improvvisazione musicale.
Relazione sé/altri: in quest’ultima fase, avviene l’apertura da un’esperienza individuale a una di gruppo, nella quale le precedenti esperienze vengono utilizzate come modello per andare a crearne delle altre. Si predilige l’utilizzo dell’improvvisazione libera, del canto, dell’ascolto e del movimento. Tramite l’elaborazione di questo modello, Juliette Alvin va definire la musicoterapia come “l’uso controllato della musica nel trattamento, nella riabilitazione, nell’educazione e nella preparazione di bambini ed adulti che soffrono di disturbi fisici, mentali o emotivi”[5], constatando che la musica e gli strumenti musicali riescono a facilitare il processo terapeutico, che porterà a manifestare pensieri, sentimenti ed emozioni negative del paziente, e a facilitare il transfert con il terapeuta.